09 Ago Richieste o pretese?
Imparare a fare richieste potenti
Le richieste potenti sono uno dei temi chiave su cui la Comunicazione Nonviolenta, conosciuta anche come Linguaggio Giraffa, si focalizza.
Questo tema è oggi necessario affrontarlo anche in azienda perché, sempre più spesso, le incomprensioni tra colleghi e con i capi nascono da un’incapacità di richiedere in modo chiaro cosa vorremmo dall’altro.
Qual è la differenza tra una richiesta e una pretesa?
La pretesa è una formula comunicativa che prevede un out/out quindi chi la riceve ha la sensazione di giudizio o di punizione “Se non fai …allora avrai/sarai/meriterai”. Avvertiamo un’imposizione al quale possiamo scegliere di rispondere in due modi diversi: acconsentire o opporci. In azienda ovviamente il ruolo fa la differenza ma non è sufficiente a cambiare le conseguenze. Posso dirti di “si” perché sei il mio capo e rispetto le gerarchie di potere ma posso attuare una serie di comportamenti di boicottaggio in “back office”.
Al contrario la richiesta è un modo onesto di comunicare all’altro “ciò che vorremmo da lui/lei” per soddisfare un nostro bisogno. Chi riceve una richiesta avverte la libertà di poter decidere se acconsentire oppure no senza paura delle conseguenze o dei giudizi. Oltre a questo, la mia comunicazione risulta molto più chiara e potente di una pretesa.
Alcuni esempi di “finte” richieste
Pare un tema semplice e di facile comprensione ma dalla mia esperienza non lo è affatto e vorrei dimostrarvelo con alcune frasi che, sovente, sento dire da manager e collaboratori:
- “Vorrei che il mio collaboratore si prendesse più responsabilità”
- “Vorrei che i miei project manager fossero più proattivi”
- “Vorrei più rispetto dal mio capo”
- “Vorrei che lui fosse più autonomo”
- “Vorrei essere preso più in considerazione”
Tutti questi “vorrei” sono generalmente accompagnati da un “non sai quante volte gliel’ho ripetuto e non è mai cambiato niente” e sono certa che l’impegno sia stato reale ma il risultato sarà, irrimediabilmente, sempre lo stesso con la conseguenza che entrambe per persone coinvolte provino frustrazione.
Tutte queste frasi sono ambigue perché suppongono, erroneamente, che il nostro interlocutore abbia capito la richiesta che sta dietro la nostra affermazione. Queste forme linguistiche vaghe e astratte danneggiano la comunicazione e la comprensione.
Un dialogo tra capo e collaboratrice
Andando nello specifico, illustrerò un passaggio di una conversazione recente tra una collaboratrice e il suo capo a cui ho assistito in diretta.
- Capo: Vorrei che tu fossi più proattiva
- Collaboratrice: In che senso?
- Capo: Nel senso che vorrei che tu fossi più indipendente nelle scelte della tua funzione e che ti sentissi più sicura di agire senza il mio costante consenso.
- Collaboratrice: Ma lo faccio! Ci sono cose però che non sono chiare e non so a chi devo comunicarle
- Capo: A parte le eccezioni, ovviamente.
- Collaboratrice: Non capisco perché non ti fidi di me!?
- Capo: Io mi fido di te, ho solo detto che vorrei che tu fossi più proattiva e autonoma nel tuo lavoro.
Questo è l’esempio di una comunicazione non consapevole in quanto la richiesta del capo è stata fraintesa dalla sua collaboratrice sia nel contenuto che nel significato.
Dopo aver assistito a questo sketch, feci al capo due domande:
- La prima: Quali sono le richieste di azioni specifiche che vuoi da lei?
- La seconda: Qual è il bisogno che non senti soddisfatto quando lei non fa le azioni che vorresti?
Le sue risposte furono le seguenti:
Alla prima domanda
- Ricevere una mail a fine giornata di resoconto delle attività anziché mettermi in cc su ogni comunicazione o ricevere molte mail spezzettate di aggiornamento.
- Autorizzare le richieste dell’ufficio merci per carichi ordinari senza aspettare mia conferma ultima.
- Comunicarmi velocemente le anomalie o contestazioni dei clienti
Alla seconda domanda
“Io ho molte funzioni da monitorare e ho bisogno che i miei ragazzi mi aiutino a sfoltire le attività che sanno fare così che io possa rientrare a casa ad un orario decente, una volta ogni tanto!”
Comprendete che la richiesta fatta era lontana da quello che realmente richiedeva il capo ed è stata percepita come una pretesa basata sulla poca fiducia. Questa persona aveva un bisogno di rispetto del proprio tempo e di riposo che non stava comunicando.
Fare richieste con il metodo della Comunicazione Nonviolenta
La parte della richiesta è il quarto e più importante aspetto del processo di comunicazione nonviolenta (CNV o Linguaggio Giraffa). Questo metodo insegna a prendersi cura di ciò che osserviamo, sentiamo e dei bisogni che abbiamo. Diventati consapevoli di questi n.3 aspetti, la richiesta diventa un’espressione di “che cosa vorremmo chiedere agli altri allo scopo di arricchire la nostra vita”.
Quali sono, in breve, le regole per esprimere una richiesta potente?
- Spesso non siamo consapevoli delle nostre richieste ma esprimiamo solo ciò che sentiamo/proviamo e questo non è sufficiente a far capire all’altro cosa vogliamo che lui/lei faccia. Più ci è chiaro cosa vogliamo dagli altri più sarà probabile che lo otterremo.
- Diventiamo consapevoli della potenza delle parole e impariamo ad utilizzare un linguaggio d’azione positivo cioè richiedere azioni concrete su ciò che voglio, rivolte al presente.
- Vorrei che mi portassi rispetto! Pretesa
- Vorrei che mi salutassi quando mi incontri in corridoio, sei disposto a farlo? Richiesta con linguaggio d’azione positivo.
- Guardiamo all’altro dopo che ci siamo espressi con onesta e vulnerabilità. Chiediamo all’altra persona come si sente e cosa sta pensando e se è disposto a intraprendere una determinata azione.
Questi solo spunti utili ma non ovviamente esaustivi per allenarci a fare richieste potenti tuttavia consideriamo giusto il momento per proporre questo metodo in azienda soprattutto un modo molto diverso per imparare una comunicazione realmente empatica sia verso sé stessi che verso gli altri.
Per ogni richiesta, curiosità o approfondimento vi invitiamo a scriverci a info@gaz-elle.com e vi ringraziamo per la vostra attenzione.
Buona giornata!
Bibliografia: “Le parole sono finestre oppure muri” di Marshall B. Rosenberg Edizione Esserci
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