Cervello antiFRAGILE

Cervello antiFRAGILE

Il nostro cervello ama le abitudini

Una delle funzioni principali del nostro cervello è categorizzare, pertanto la nostra mente cerca sempre certezze, ossia gabbie concettuali che ci danno la sicurezza e un certo senso (significato) delle cose. Questi schemi mentali non si possono abolire e vanno a creare la “realtà” che il nostro cervello struttura di giorno in giorno.

Come dimostrato dalle neuroscienze, il nostro cervello è un dispositivo predittivo ossia elabora le esperienze passate e su quelle crea possibili scenari futuri; tutto questo in nome della tranquillità generale.

In base al contesto in cui ci troviamo, la mente, alcuni millisecondi prima, imposta l’emozione che, secondo lui, è più idonea come risposta all’esterno. Esso accumula continuamente dati e, in base ad essi, formula statistiche predittive (ciò che è più probabile accada in modo del tutto soggettivo e basato sul passato). La cosa curiosa ed interessante è che dopo che predice il cervello confabula cioè cerca di una spiegazione ex-post di quello che è successo. Confabulare significa appunto “chiacchierare” che nel nostro caso potremmo dire “dare un senso razionale a qualcosa di inconscio”.

“Ho fatto così perché mi sembrava la cosa migliore da dire!” in realtà, come è stato scientificamente verificato, non sappiamo quello che diciamo prima di averlo detto.

Siamo esseri adattivi quindi la nostra mente si adatta al contesto ed è molto conformista perché questo genera sicurezza. In concretezza, il compito del cervello è quello di prendere rapidamente decisioni tutto il giorno ma esso ha anche un body budget (un limite di risorse energetiche) così crea le abitudini, cioè attività che producono gratificazione. Il cervello va a nozze con le abitudini che diventano la nostra zona di comfort ossia situazioni conformi a ciò che il cervello predice (immagina accada) e quindi ciò genera sicurezza e tranquillità psicologica. Un esempio tra tutti, l’abitudine personale di fare colazione. Se una mattina la sveglia non suona, il nostro rituale nel fare colazione e prepararci per la giornata non può attuarsi e la giornata parte male con tanto di cattivo umore.

la fragilizzazione del cervello

L’aumento esponenziale del comfort, nella nostra società, corrisponde allo sviluppo tecnologico che rende le nostre vite estremamente comode: basti pensare che ad ogni ora del giorno e della notte possiamo ordinare un televisore e vedercelo recapitare a casa dopo due giorni o prenotare una vacanza senza aspettare che un’agenzia viaggi apra.

Tuttavia l’aumento del comfort corrisponde all’aumento dell’ansia in quanto , l’effetto del comfort, fa abituare il nostro cervello alle certezze diminuendo il livello di tolleranza verso gli imprevisti.

E’ però risaputo, e la scienza lo conferma, che il mondo è entropico ossia non si possono controllare gli eventi e neppure calcolare i rischi, o meglio una certa categoria di rischi come la crisi del 2008.

La tecnologia fa aumentare il controllo degli eventi quindi questo aumenta il livello comfort che genera fragilità nella nostra mente.

AUMENTO CONTROLLO -> AUMENTO COMFORT = FRAGILITA’

Ovviamente al nostro cervello piace il comfort perché genera prevedibilità cioè un rapporto di CAUSA->EFFETTO che semplifica la complessità della vita; è un illusione della nostra mente che non possiede tutti i dati della realtà.

I problemi emergono quando “qualcosa va storto” e in quel momento avvertiamo ansia e stress perché perdiamo il controllo ( presunto) sulle cose e sulle situazioni.

Immaginiamo di essere in auto e di dover raggiungere un nuovo cliente con il quale abbiamo un appuntamento di lavoro, non conosciamo la strada e ci affidiamo al navigatore del cellulare; ad un certo punto lo schermo del cellulare diventa nero e il cellulare perde vita, nessuna possibilità di riaccenderlo. Cosa proveremmo? probabilmente un attacco d’ansia feroce.

Questo esempio vale come regola generale. Quando siamo in modalità comfort il nostro cervello è fragile e crea risposte (emozioni) molto negative ad ogni piccolo sbalzo.

Allenare il cervello a essere ANTIFRAGILE

Il concetto di “antifragilità” è stato creato e studiato dal filosofo Nassim Nicholas Taleb che da sempre si è dedicato allo studio dei processi di incertezza e che “avvisò” gli economisti della possibile crisi del 2008.

Cosa significa antifragile? Riprendiamo la sua triade:

FRAGILE -> qualcosa che ama la tranquillità e che si rompe al primo scossone. Se fosse un pacco ci sarebbe scritto sopra “maneggiare con cura”

ROBUSTO-> lo potremmo definire resiliente ossia con una certa capacità di robustezza e resistenza agli eventi esterni. Se fosse una pacco non ci sarebbe scritto nulla perché potrebbe essere trattato senza troppa attenzione.

ANTIFRAGILE -> ama il caos e da esso migliora e cambia forma. Se fosse un pacco ci sarebbe scritto “sbattimi a terra e prendimi a calci”.

Ogni sistema biologico ( che sia il nostro corpo o uno stagno o un bosco) ha una certa antifragilità ossia ha delle caratteristiche che gli consentono di affrontare l’ignoto, il caos e gli errori. Un cervello antifragile è un sistema che si allena a superare i rischi , senza evitarli però ma superandoli al loro manifestarsi. Quindi, difronte ad un cambiamento una mente antifragile lo affronta sperimentandolo sulla propria pelle. Infatti l’approccio migliore è SPERIMENTARE ( cioè maneggiare il problema in maniera creativa) e NON APPLICARE TEORIE ( riduzione delle capacità creative e di flessibilità).

Tutti gli eventi nuovi diventano SALIENTI per il nostro cervello e vengono registrati in memoria, dopo di che categorizzo quello che l’evento saliente mi ha fatto imparare. Esempio vado per la prima volta all’estero da solo, questo sarà registrato come evento saliente e con esso tutte le azioni necessarie a sperimentare “esperienza da solo all’estero”. Dopo quest’avventura, il mio cervello creerà e interiorizzerà un modello che verrà cambiato solo con un altro evento saliente, ad esempio “vado all’estero da solo in un continente come l’Asia”

stimolare l’antifragilita’ in azienda

Noi abbiamo bisogno di DISFUNZIONALITA’ ossia uscire, di tanto in tanto, dai nostri schemi lineari per creare antifragilità ossia resilienza potenziale e fiorente difronte a cambiamenti, potenzialmente difficili.

Una pratica poco conosciuta ma molto efficace è quella della N.E.M.E.-T.I.C.A ( ossia praticare il modo NEME).

N.E.M.E. è un acronimo che significa NOTICE, ENGAGE, MULL, EXCHANGE ed è un approccio che possiamo definire con il fare “esperimenti controllati” soprattutto quando dobbiamo prendere delle decisioni. Si tratta, in sintesi, di allenarsi a notare qualcosa che ti colpisce di ciò che accade ( questo ti permette di uscire dai tuoi automatismi), giocare senza farti la domanda “perché” quindi stare nello spazio della non-spiegazione, pensare a alle idee che ti vengono in mente e confrontarti con persone completamente diverse da te. Questo sperimentare è la via migliore per allenare la nostra antifragilità, come persone e come sistemi complessi chiamati aziende.

Ti ringraziamo per la tua preziosa attenzione e ti invitiamo a contattarci per ogni tua richiesta scrivendo a info@gaz-elle.com.

Bibliografia di riferimento:

  • “Antifragile” di N.N. Taleb ed. Il Saggiatore

Questo articolo è stato ispirato dalla partecipazione ad un corso di aggiornamento “Coaching e Neuroscienze” tenuto dal Dott. David Papini a cui va la mia stima e il mio riconoscimento per la sua passione e la grande capacità di trasferire concetti complessi in modo molto semplice e concreto.

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